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La civiltà del vino in Romagna ha una storia millenaria. Nella Valconca sono stati trovati tralci e frutti fatti risalire al paleolitico. Invece le prime testimonianze scritte vengono fatte risalire al VII secolo avanti Cristo. Sono state rinvenute e Verucchio, nelle tombe villanoviane. Il porto naturale di Vallugola a sud di Gabicce Monte, è una parola che significherebbe Valle dell’Uva, segno che la Valconca era molto coltivata.
Gli etruschi portarono la potatura ed il “sostegno vivo”. Sostegno che è durato fino a pochi decenni fa. Quando nel Riminese giunsero i Romani, terzo secolo avanti Cristo, la coltivazione della vite ebbe un forte impulso. Scrive Oreste Delucca, uno studioso di storia locale:”Diventa un fattore centrale dell’economia. Di quel periodo restano numerose testimonianze figurative e le relazioni degli storici latini che esaltano gli elevati rendimenti dei vigneti locali, capaci di alimentare, per lungo tempo,forti correnti di esportazione verso l’Urbe”.
Con il disfacimento dell’Impero Romano e la caduta dei traffici non interrompono il flusso di vino da Rimini a Roma, dove operano alcuni commercianti romagnoli.
Dopo il mille, i documenti storici affermano che la produzione vitivinicola vive momenti fiorenti. Delucca: “il vigneto dilata la sua presenza in misura cospicua, garantendo una produzione vianaria tale da coprire il forte consumo interno e permettere al tempo stesso buone esportazioni sul mecato veneziano. Gli satuti mediovali di Rimini, attraverso la minuziosa normativa che regola la vita della città e del contado, offrono una moltitudine di elementi circa la viticoltura e la vinificazione, la conservazione, il trasporto, lo smercio e il consumo del vino, evidenziandone il ruolo centrale nell’economia e nella vita della gente. Sotto il profilo tecnico, pure all’interno di una società agraria complessivamente arretrata, la vitivinicoltura emerge come il settore più evoluto, destinatario dei maggiori investimenti.”
Dopo un periodo di difficoltà coinciso l’avvento del turismo di massa e la conseguente emigrazione verso le coste delle “teste migliori” avvenuto nel dopoguerra, bisogna registrare negli ultimi venti anni un ritorno dei giovani ,che con entusiasmo, iniziativa e voglia di rinnovare sono riusciti a rilanciare il settore, creando iniziative come le “Strade dei vini “. Dopotutto dal Sangiovese si producono il Brunello di Montalcino ed il Chianti. Il ’96 è un anno chiave nella storia del vino della provincia di Rimini. Il ministero delle risorse agricole decreta l’istituzione della Doc”Colli di Rimini”.
L’agricoltura vuole: la terra , la tradizione, la tipicità. Tutto questo passo avanti è stato compiuto da quando la provincia di Rimini ha ottenuto dal ministero dell’Agricoltura la Doc dei Colli di Rimini, un appellativo di garanzia e qualità. Prima ci si confondeva con il Sangiovese prodotto in posti meno vocati alla viticoltura.
Andiamoli a vedere questi 5 Doc e cosa prescrive il disciplinare per fregiarsi di tale denominazione.
Cabernet Sauvignon: Vitigno Cabernet Sauvignon minimo 85%, altri vitigni a bacca dello stesso colore per il restante 15%.
Rosso: Vitigno Sangiovese tra il 60 e il 70%. Cabernet Sauvignon tra il 15 e il 25%. Per un massimo del 25% si possono mischiare Merlot, Barbere, Montepulciano, Cicliegiolo, Terrano, Ancellotta.
Biancame: Vitigno Biancame minimo 85%. L’altro 15% a scelta: Pignoletto, Chardonay, Riesling italico, Sauvignon, Pinot bianco, Mueller Thurgau.
Rèbola: Vitigno Pignoletto minimo 85%. Nel 15% a scelta: Biancame, Bombino bianco, Trebbiano romagnolo.
Bianco: Vitigno Trebbiano romagnolo tra il 50 e il 70%; Biancame e Bombino bianco tra il 30 e il 50%. Possono aggiungersi altri vitigni di bacca bianca per un massimo del 20%.